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Down to the Hell

domenica 13 giugno 2010 Commenti disabilitati

“Qvesto govevno non lascevà nessuno indietvo”, dichiarava poche settimane fa il ministro Tremonti.

E infatti apprendiamo che la manovra correttiva appena approvata negherà in futuro gli 8,41 euro al giorno sinora riconosciuti come assegno di invalidità ai portatori di sindrome di Down. Riconosciuti, beninteso, solo se il reddito giornaliero dei disabili non supera i 12 euro.

Se questa trovata fosse estesa ai circa 38.000 portatori italiani di sindrome di Down si risparmierebbero circa 100 milioni di euro all’anno. In realtà saranno molti meno perché la norma si applicherà solo quelli che chiederanno l’assegno d’ora in poi, sempre che non abbiano già un reddito (cosa che già oggi li esclude dai benefici) o non siano affetti da altre patologie (così da raggiungere l’85% di invalidità che sarà necessario per percepire l’assegno).

Il costo dei 131 cacciabombardieri F35, dei 121 caccia Eurofighter, dei 2 sommergibili e del centinaio di elicotteri militari che in questi giorni il Ministero della Difesa ha confermato che saranno ordinati ammonta a 27 miliardi di euro.

P.S.: non mi pare che dalla Chiesa cattolica – quella che difende “la vita nascente” e reputa omicida chiunque ricorra all’aborto terapeutico – sia giunta alcuna parola a sostegno delle famiglie dei disabili.

Tortura? In Italia non sarà reato

venerdì 11 giugno 2010 1 commento

Il governo italiano ha respinto l’invito del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU a introdurre nel Codice Penale del reato di tortura e ha rimandato la ratifica del relativo protocollo, sottoscritto dall’Italia nel 2003. Esso faceva seguito alla Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 1984. Il divieto di tortura è presente anche nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1949 e in numerosi altri trattati internazionali.

Secondo l’ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, che ha espresso la posizione del governo, l’introduzione esplicita del reato di tortura è superflua perché le sanzioni previste nel nostro ordinamento “sono sufficienti”.

Il XIV Rapporto Ufficiale (2004) del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, istituito nel 1987 in seno al Consiglio d’Europa, afferma che:

La credibilità del divieto della tortura e di altre forme di maltrattamento viene compromessa ogni qualvolta i pubblici ufficiali responsabili di tali reati non sono chiamati a rispondere dei propri atti. Se non viene intrapresa un’azione tempestiva ed efficace non appena si riscontrano  delle indicazioni di maltrattamenti, tutti coloro che sono propensi a maltrattare le persone private di libertà arriveranno rapidamente alla conclusione, a ragione, che possono farlo in assoluta impunità. […] Non adottando provvedimenti efficaci, tutti gli interessati – i colleghi, i superiori, le autorità incaricate dell’inchiesta – contribuiscono in definitiva alla disgregazione di quei valori che costituiscono la base stessa di una società democratica.

Poche settimane fa, il ministro dell’Interno Maroni e il sottosegretario Mantovano hanno commentato le condanne in secondo grado di alcuni funzionari di polizia per le violenze commesse nella scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001, dichiarando che essi «hanno e continueranno ad avere la piena fiducia» del Viminale e dunque «rimarranno al loro posto».

Il taumaturgo

domenica 21 marzo 2010 1 commento

Alla manifestazione della maggioranza di governo “contro l’invidia” – la prossima sarà contro l’alitosi? la forfora? – nonostante le voci su militanti spesati e figuranti pagati, c’erano in piazza 150.000 persone. Il dato è quello ufficiale della questura (anche se Gasparri ha dato dell’ubriaco al questore) e viene confermato anche dai calcoli dei blogger di destra.

Tutti si attendevano il consueto petardo elettorale di Berlusconi, che effettivamente stavolta ha superato se stesso:

Chiaramente, subito dopo aver sconfitto il cancro, si occuperà di abbassare le tasse, sconfiggere la delinquenza e contrastare la crisi economica.

Ex voto. In memoria dello stato di diritto

sabato 6 marzo 2010 5 commenti

Dopo una settimana in cui l’Italia – pur privata dell’informazione politica in televisione – ha scoperto che i partiti al governo fanno firmare i morti, raccolgono firme a matita e senza autentica, cambiano le liste elettorali dopo che sono state sottoscritte e pretendono di depositarle quando i termini sono scaduti; e che per questo la maggioranza accusa i magistrati e l’opposizione, i candidati evocano la prova di forza nelle piazze, il ministro della Difesa dichiara di «essere pronto a tutto» pur di opporsi alle decisioni della magistratura, e il governo vara un decreto legge per sanare solo le violazioni della propria parte politica, quale altro stupro al senso di legalità – al senso di democrazia – si sarebbe potuto aggiungere?

La firma del presidente della Repubblica a quel decreto. E infatti Paul von Hindenburg ha immediatamente firmato. Eppure avrebbe dovuto essere al corrente dell’evidente incostituzionalità dell’atto che stava avallando: anzitutto, l’articolo 117 della Costituzione attribuisce alle Regioni la competenza esclusiva in materia in legge elettorale regionale. In secondo luogo, l’articolo 72 prevede per la disciplina elettorale la riserva di legge formale d’assemblea, cosa che esclude perentoriamente la possibilità di ricorrere alla decretazione d’urgenza per regolare questa materia.

Si tratta di elementi di incostituzionalità così macroscopici che saltano all’occhio persino a chi come me non ha una formazione giuridica. E allora, presidente Napolitano, come mai la sua firma è in calce al decreto? Ha firmato senza leggerlo? Le è sfuggito che la palese incostituzionalità degli atti è ragione sussistente per non emanarli e che tale verifica è compito precipuo della carica che ricopre? Ha scelto di esimersi dal controllo di costituzionalità, piegando a discutibili ragioni di opportunità le prerogative del Capo dello Stato? Ritiene che l’annullamento a posteriori delle elezioni per incostituzionalità del decreto che ha scelto di firmare possa preservare il Paese dalle prove di forza della piazza e da minacce analoghe a quelle fatte stavolta da chi controlla le Forze Armate?

In generale, qual è la soglia sino alla quale ritiene accettabile sacrificare lo stato di diritto per assecondare il disprezzo delle leggi da parte della destra al governo?

Non posso che fare mie le parole del presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, che così commenta gli eventi di queste ore:

In questo momento così buio per la vita democratica italiana, esprimo la mia solidarietà a chi rispetta le regole, a chi paga le multe, a chi versa correttamente le tasse, a chi si ferma al rosso. Insomma esprimo la mia solidarietà alle persone perbene.

Edit: la mia indignazione è la stessa espressa, fra i tanti, da Alessandro Gilioli.

Rocco Palese e il nucleare: chiaro e “inequinocabile”

mercoledì 10 febbraio 2010 4 commenti

Politiche energetiche e centrale nucleare in Puglia: dopo che il governo ha fatto ricorso contro la legge regionale che chiude la porta all’atomo, non si è fatta attendere la videolettera del governatore Nichi Vendola.

Quali invece le opinioni del candidato Rocco Palese?

In questa pagina si trova la fedele trascrizione delle parole del candidato di centrodestra (uno dei due: l’altra è Adriana Poli Bortone, oggi senatrice eletta col Popolo delle Libertà).

Per chi vuole accontentarsi di una sintesi delle frasi di Palese, ecco una delle più eloquenti: «Trovo cioè veramente fuori luogo questa, cioè, infetizzazione, o l’enfatizzazione cioè che se ne fa. Piuttosto invece penso anche qui alle denunce che gli stessi esponenti di centrosinistra fanno per un utilizzo selvaggio rispetto alle autorizzazioni per un utilizzo selvaggio rispetto alla rovina di certi paesaggi, cioè per tante e tante cose che si dicono». Ho visto e rivisto il breve video, ma ammetto di non averla capita.

Comprendo che un candidato alla guida di una Regione negli anni del federalismo fiscale possa avere difficoltà ad esprimersi efficacemente – e non solo in inglese – ma se Palese è contrario all’energia radioattiva cosa gli ha impedito di dirlo con una frase più semplice?

Sembra ieri

martedì 26 gennaio 2010 Commenti disabilitati

Proprio in queste ore, esattamente 32 anni fa, Silvio Berlusconi si iscriveva alla Loggia P2.

Ricevuta di pagamento per l'iscrizione di Silvio Berlusconi alla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Immagine tratta dalla «Relazione della Commissione Parlamentare d'inchiesta sul caso Sindona e sulle responsabilità politiche ed amministrative ad esse eventualmente connesse» (Legge 22 maggio 1980 n° 204) (Fonte: Wikipedia)

Reticenze

mercoledì 23 dicembre 2009 1 commento

Internet non è solo una rete di computer ma la più grande piattaforma di persone che l’umanità abbia mai avuto. La cultura digitale ha creato le fondamenta per una nuova civiltà, e questa civiltà sta costruendo la dialettica, il confronto e la solidarietà attraverso la comunicazione. Perché da sempre la democrazia germoglia dove c’è accoglienza, ascolto, scambio e condivisione. E da sempre l’incontro con gli altri è l’antidoto più efficiente all’odio e alla conflittualità.

Sono le parole che accompagnano la candidatura di Internet al prossimo premio Nobel per la pace, lanciata poche settimane fa dal mensile Wired.

In Italia, intanto, si saluta come una vittoria il fatto che il governo abbia rinunciato ad introdurre i filtri per la navigazione, secondo un modello di censura preventiva del web già adottato in Cina, in Iran o a Cuba. Resta il fatto che il modello proposto dal ministro dell’Interno Maroni è quello di un codice di autoregolamentazione negoziato con gli internet provider (Telecom, Fastweb, Wind & co.) e le multinazionali del settore (Google, Facebook, Microsoft). Auto-regolamentazione di cosa non si è capito, visto che ad essere regolamentati dovrebbero essere gli utenti di internet e non gli operatori economici coinvolti nella stesura del codice. Non è chiaro neppure perché siano stati convocati i meri fornitori di connessione: si vuole per caso indurre i provider al distacco delle utenze dalle quali provengono comportamenti illegali (e magari anche  soltanto scomodi, come previstoin Russia), secondo un modello in palese contrasto con le deliberazioni dell’Unione Europea sul diritto alla rete?

E mentre il Parlamento avalla la revoca degli investimenti in banda larga (fondamentali, fra l’altro, per la competitività del Paese) e sembra sordo alla proposta di abrogazione del decreto Pisanu, che di fatto impedisce la diffusione di aree WiFi gratuite in Italia, il governo lavora per vincolare ad una autorizzazione ministeriale le dirette streaming sul web. Ma su questo punto l’affossamento di Internet c’entra poco, trattandosi soltanto del consueto problema di conflitto di interessi che attanaglia questa maggioranza di liberisti à la carte.

Nel frattempo, il senatore del PdL Raffaele Lauro ha proposto l’introduzione delle leggi specialissime contro l’apologia di reato sul web con l’effetto paradossale di poter condannare a “oltre 12 anni” di reclusione chi in un’email  indirizzata alla mamma dovesse scrivere “Pinco Pallino è un borioso: meriterebbe un gavettone d’acqua gelata”.

Le parole sono duomi

martedì 15 dicembre 2009 2 commenti

Oltre ad esprimere il mio disgusto verso tutte le forme di violenza, fisica e verbale, alle persone e agli organi costituzionali, vorrei mettere in fila alcune delle dichiarazioni odierne di esponenti di primissimo piano della maggioranza di governo.

Secondo il ministro della Giustizia Alfano quello di Tartaglia «non è il gesto di un folle». Più esplicito Umberto Bossi, per cui l’episodio di domenica «è terrorismo». Analoga l’interpretazione di Mara Carfagna: «l’impressione è che l’opposizione stia facendo come negli anni settanta, quando cullò al suo interno quelli che sarebbero diventati terroristi assassini». Per i membri laici del PDL al Consiglio Superiore della Magistratura,  Anedda e Saponara, i magistrati Ingroia e Spataro «hanno ampiamente contribuito a fomentare la violenza», mentre La Russa, Scajola e Cicchitto puntano il dito ora sui manifestanti del no-B day, ora su Travaglio, Santoro e Scalfari.

Secondo l’on. Gabriella Carlucci, «i social network si sono trasformati in pericolose armi in mano a pochi delinquenti che incitano alla violenza, all’odio sociale, alla sovversione» ed è pertanto «giunto il momento di eliminare definitivamente l’anonimato in rete». Guido Crosetto, insieme ad altri parlamentari, annuncia una denuncia a Di Pietro per istigazione a delinquere, e il coordinatore nazionale del movimento giovanile del PdL Francesco Pasquali ne chiede pure l’oscuramento del blog, sul quale «si respira la stessa aria di odio e violenza promossa dai gruppi facebook e da Indymedia». Per l’oscuramento, non solo dei siti che istigano o inneggiano alla violenza, ma anche a quelli con «messaggi d’odio», sono pure i ministri Ronchi e Gelmini, mentre il ministro dell’Interno Maroni promette che li accontenterà. La civiltà dell’Amore, evidentemente.

Una sintesi esaustiva è qauella del vicedirettore del Giornale Alessandro Sallusti, per il quale un aggressore in cura psichiatrica da 18 anni «non attenua neppure di un millimetro le responsabilità politiche: anche i mattacchioni si abbeverano alle tesi di La Repubblica, dei Santoro, dei Travaglio, dei Di Pietro». ma non solo Di Pietro: anche Bersani e Casini: «ieri sera sono stati tutti accontentati». E poi: «Quanto vale la solidarietà di Casini, quanto quella di Fini?». E visto che «i cattivi maestri pontificano, mentre cretini, delinquenti e pazzi agiscono, il tutto sotto l’ombrello della Costituzione», la conclusione è fin troppo ovvia: «Cambiamola, questa Costituzione, facciamo subito le riforme».

A mo’ di promemoria:

«Gli articoli 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153 della Costituzione sono sospesi fino ad ulteriore avviso. È pertanto possibile: restringere i diritti di libertà personale, libertà di espressione, compresa la libertà di stampa, la libertà di organizzazione ed assemblea, la riservatezza di corrispondenza, posta, telegrammi e telefonate, ordinare perquisizioni e confische e limitare la proprietà, anche se questo non è altrimenti previsto dalla legge attuale» (Decreto dell’incendio del Reichstag, 28 febbraio 1933).

L'incendio del Reichstag (Berlino, 27 febbraio 1933).

Teorie del complotto

giovedì 4 giugno 2009 5 commenti

Le mosche cocchiere dicono che è in atto un complotto internazionale per destabilizzare il Governo e rovesciare il presidente del Consiglio. A leggere le  dichiarazioni di autorevoli esponenti del governo – ultimi i ministri Sacconi e Frattini – i possibili moventi dei pesantissimi commenti apparsi sulla stampa estera sarebbero tre:

1. L’invidia: anche se le ricerche internazionali mostrano che Berlusconi ha nel mondo una stima pari a quella riservata a Fidel Castro, in patria gode di un consenso del 105%. E perciò Obama e gli altri, gelosissimi della sua popolarità, vogliono screditarlo.

2. La soggezione psicologica: Franceschini attacca il premier e i maggiori giornali del mondo danno credito a Franceschini.

3. La vendetta: la campagna stampa non è orientata né dalle cancellerie estere né da Franceschini. Il burattinaio è il magnate dell’editoria Rupert Murdoch, che ha trovato l’occasione per vendicarsi della manovre ostili messe in atto dal governo italiano contro Sky, di cui Murdoch è maggiore azionista.

Lascio all’intelligenza dei lettori valutare l’attendibilità dei primi due moventi. Il terzo, invece, merita qualche parola in più. Poniamo perciò che sia vero.

Significa forse che il controllo della stampa e delle televisioni è sufficiente per veicolare i messaggi in grado di perseguire interessi individuali, distorcendo la verità a proprio piacimento? Significa che il mero affidamento di incarichi pubblici a chi opera con ruoli di primo piano sulla scena dell’economia e perciò ha, inevitabilmente, molti nemici, determina – conflitti di interesse a parte – l’insorgere di reazioni dall’estero che danneggiano così pesantemente l’immagine dell’Italia e la sua credibilità politica?

Mi convinco sempre di più che Silvio Berlusconi sia un macigno al collo di questo Paese nel mare aperto delle relazioni internazionali: e se pure, per mera ipotesi, quel macigno fosse d’oro, sarebbe un lusso che si può permettere solo chi ha voglia di affogare.

Update (grazie ad annì): il complotto internazionale non si ferma: oggi The Times paragona Berlusconi all’imperatore romano Tiberio.

Un Paese sempre più in-credibile

lunedì 1 giugno 2009 5 commenti

L’aspetto più sgradevole del comportamento di Silvio Berlusconi non è che è un buffone sciovinista, né che corre dietro a donne di 50 anni più giovani di lui, abusando della sua posizione per offrire loro posti di lavoro come modelle, assistenti o perfino, assurdamente, come candidate al Parlamento Europeo. Ciò che è più scioccante è il completo disprezzo con cui tratta l’opinione pubblica italiana. L’attempato Dongiovanni può trovare divertente o anche temerario agire da playboy, vantarsi delle sue conquiste, umiliare la moglie e fare apprezzamenti che molte donne troverebbero grottescamente inappropriati. Ma quando vengono poste domande legittime su relazioni scandalose e i giornali lo sfidano a spiegare legami che quanto meno suscitano dei dubbi, cade la maschera del pagliaccio: minaccia i giornali e le televisioni che controlla, invoca la privacy, rilascia dichiarazioni evasive e contraddittorie, e poi melodrammaticamente promette di dimettersi se si scoprisse che mente“. Così inizia l’editoriale pubblicato oggi dal misurato quotidiano britannico conservatore The Times, che osserva come “non sono solo gli elettori italiani che vogliono sapere cosa stia accadendo. Lo chiedono anche gli sconcertati alleati internazionali dell’Italia“.

Il quotidiano spagnolo progressista El Pais scrive invece che le rivelazioni sulla licenziosa vita privata del premier hanno “trasformato l’Italia in un manicomio, quantunque l’entourage di Berlusconi invochi niente di meno che il coinvolgimento della CIA” e riporta (come già pubblicato ieri non solo dall’Unità ma anche dal Corriere della Sera), che le foto sequestrate ritraggono uno stuolo di ragazze, alcune apparentemente minorenni, che seminude giocano tra loro sotto la doccia, si fanno palpeggiare da Berlusconi o intrattengono l’ex premier ceco Topolanek, anche lui immortalato “senza veli“.

Inevitabile quindi – osserva il Financial Times – che impedire la pubblicazione delle foto compromettenti sia stata in questi giorni la prima preoccupazione del premier italiano (definito pochi giorni fa “un esempio deleterio per tutti“), proprio mentre venivano diffusi i dati sulla portata della crisi in Italia (PIL a -5%, disoccupazione al 10%) e la FIAT stava conducendo, da sola, una difficile trattativa con il governo tedesco per l’acquisto della OPEL. Un’accusa pesante di incapacità a governare che accomuna la “voce” del capitalismo britannico a quanto pubblicato giorni addietro da Liberation, primo giornale della sinistra francese.

Non sono voci isolate: oltreoceano, il New York Times nel commentare il Noemigate ha descritto questa Italia come avviata ad una decadenza che ricorda quella dell’impero romano descritta nel Satyricon di Fellini, mentre il settimanale Time commenta triste “Benvenuti in Berlusconistan“, accomunando così il Belpaese ad una qualunque delle satrapie ex-sovietiche, nella quale “il maestro dei manipolatori” controlla il consenso interno e opera al di fuori della legge e della credibilità internazionale.

Il punto è proprio questo: la credibilità internazionale dell’Italia, nelle redazioni dei giornali come nelle cancellerie, non è mai stata così bassa come con l’attuale governo, e il premier – che nell’esposto alla procura per il sequestro delle foto ha dichiarato lui stesso di essere ricattabile – non è adatto a rappresentarla.