2008 awards: i risultati
Ecco i risultati del mini-concorso sui personaggi del 2008:
1. Politica estera: Barack Obama (72%)
2. Politica italiana (maggioranza): Renato Brunetta (58%)
3. Politica italiana (opposizione): Antonio Di Pietro (88%)
4. Economia: Lehman Brothers (54%)
5. Etica: Beppino Englaro (50%)
6. Cultura: Roberto Saviano (52%)
7. Spettacoli: Giovanni Allevi (59%)
8. Sport: Usain Bolt (47%)
I vincitori saranno premiati al prossimo MolaBlogStock. Sempre che vengano di persona.
2008 awards
Vacanze di Natale, tempo di bilanci. Come da tradizione, anche quest’anno propongo ai lettori di questo blog di eleggere i personaggi che più di ogni altro hanno impersonato nel bene o nel male il 2008.
Per ciascuna delle otto categorie che vi propongo ho scelto più o meno arbitrariamente quattro candidati. Sta a voi assegnare fino a tre voti per categoria (tutti ad uno o suddivisi tra più candidati). I vincitori saranno proclamati al termine delle vacanze.
1. Politica estera: Ingrid Betancourt, Dalai Lama, Barack Obama, Nicholas Sarkozy
2. Politica italiana (maggioranza): Renato Brunetta, Giulio Tremonti, Licio Gelli, Maria Stella Gelmini
3. Politica italiana (opposizione): Antonio Di Pietro, Anna Finocchiaro, Ignazio Marino, Sinistra Arcobaleno
4. Economia: Compagnia Aerea Italiana, Paul Krugman, Lehman Brothers, Henri Paulson
5. Etica: Beppino Englaro, Carlo Maria Martini, Randy Pausch, Benedetto XVI
6. Cultura: Roberto Saviano, Facebook, Sandro Bondi, famiglia Messeni Nemagna
7. Spettacoli: Maryl Streep, Toni Servillo, Paul Newman, Giovanni Allevi
8. Sport: Usain Bolt, Alessandro Del Piero, Lewis Hamilton, Michael Phelps
Buon Natale e buon divertimento!
Limiti di legge
Fatto: in una notte di pioggia, un ventenne con un’auto potente, percorrendo di notte a 60 km/h una strada buia all’estrema periferia di un comune brianzolo, investe un gruppo di persone causando un morto e una ventina di feriti. Dai controlli risulta che il conducente aveva bevuto grosso modo l’equivalente di un boccale di birra media doppio malto. Un tasso alcolemico (0,6 grammi per litro) che sino a maggio scorso era perfettamente lecito e che adesso, con i limiti portati a 0,5 grammi per litro, non lo è più.
L’onda emotiva di questo incidente, che probabilmente ha a che fare più con le cattive condizioni ambientali e l’imperizia alla guida che con lo stato di ebbrezza del conducente, ha dato il la alla richiesta di un ulteriore abbassamento delle soglie che consentono di mettersi alla guida nel rispetto della legge. Allo studio della commissione Trasporti della Camera vi sarebbe una proposta di legge per portare il limite consentito a 0,2 grammi per litro. Ossia, per un uomo di 70 kg, 27 cl di birra Heineken o Peroni (meno di una bottiglia piccola) o 9 cl di vino (una bottiglia divisa tra 8 persone). Sarei curioso di conoscere in che misura l’incidentalità cresca tra chi ha un tasso alcolemico dello 0,25% o dello 0,7% rispetto agli astemi assoluti: sono certo che l’estensore della proposta di legge abbia richiesto questi dati alla polizia stradale.
Non mi sento un alcolista, anzi in tutta onestà conosco poche persone che assumono bevande alcoliche più responsabilmente di me. Eppure, se questa legge fosse in vigore, ogni volta che ceno fuori casa rischierei la sospensione della patente per 6 mesi se incappassi in un controllo. Evento remoto, visto che nel 2007 le verifiche sono state così rare che ogni automobilista aveva la probabilità di essere sottoposto ad un alcoltest ogni 127 anni.
Detto in altri termini, e fatti salvi i casi di chi comunque non ha bisogno di una legge per contenere l’assunzione di alcolici, una norma di questa natura equiparerebbe chi accompagna un risotto o una pizza con un bicchiere di vino bianco o una spina media a chi invece non si ferma al quarto o quinto superalcolico, assunto magari a stomaco vuoto. Esattamente quello che serve perché, nell’attuale deserto dei controlli, venga meno proprio l’effetto deterrente che la legge dovrebbe assicurare.
Fides aut Ratio, ovvero Valori non negoziabili
Proprio alla vigilia della Giornata Mondiale per la Disabilità, che si celebra oggi, la Santa Sede ha ribadito il rifiuto di ratificare la Convenzione sui diritti delle persone disabili delle Nazioni Unite perché agli art. 23 e 25 riconosce ai disabili parità di condizioni con gli altri cittadini nello sposarsi e “decidere liberamente e responsabilmente il numero di figli e il loro distanziamento temporale“, e nell’accedere a tutti i sanitari di assistenza e informazione sanitaria, incluso l’ambito sessuale. Secondo quanto la stravagante diplomazia vaticana afferma, la parità dei disabili con gli altri cittadini in questi campi significa che nei Paesi in cui sono ammessi l’aborto o i programmi di pianificazione familiare, la convenzione allargherebbe a nuove categorie di soggetti la possibilità di accedervi. E, si sa, la vita è un valore non negoziabile.
Valore non negoziabile è anche quello della famiglia, e per difendere quest’istituto la stessa Santa Sede ha deciso di non sottoscrivere la proposta che l’Unione Europea presenterà all’ONU allo scopo di depenalizzare ovunque l’omosessualità (che è reato in 90 Paesi, e in 22 addirittura punibile con la morte). In questo caso la motivazione ufficiale è ancora più astrusa: depenalizzare il reato per eliminare la discriminazione nei confronti delle minoranze di genere significa creare “nuove ed implacabili discriminazioni” nei confronti dei Paesi che non riconoscono le unioni tra persone dello stesso sesso. Come a dire: depenalizzare il consumo di alcool significa discriminare i Paesi in cui agli ubriachi non è permesso guidare gli autobus. O, se si preferisce, opporsi alla lapidazione delle adultere significa essere a favore dell’adulterio. Una follia logica, se non un consapevole primitivismo ideologico. Con buona pace dei troppi discorsi sulla razionalità della fede cristiana nei confronti dell’Islam, si assiste così all’ennesima alleanza tra fondamentalisti islamici e Vaticano, che preferisce coprirne i “crimini contro la vita” piuttosto che condividere il criterio tolleranza propugnato da quello stesso Occidente che si vuol far credere emanazione diretta del pensiero cristiano.
Di fronte a posizioni del genere si potrebbe scegliere il silenzio, evitando di fare da cassa di risonanza ad affermazioni indifendibili, oppure commentare come ha fatto ieri il teologo Vito Mancuso secondo cui, si resta “davvero raggelati da un papato che ci attendevamo arcigno, antiquato, fedele alla peggiore tradizione preconciliare” ma che ora, mettendosi “pubblicamente allo stesso livello […] delle peggiori dittature” ha scelto la “strada senza ritorno” della “pura pratica di potere, conservazione di una eretica storia di dominio sulle terre, invece che di guida spirituale delle anime”: non è quindi un problema di volta in volta dei disabili, o degli omosessuali, o prima ancora delle persone in stato vegetativo, o delle coppie sterili, o dei malati di AIDS. E’ un problema che tocca chiunque viva in luoghi in cui la Chiesa pretende di dettare la linea alla politica.
Personalmente, prima di giungere a conclusioni troppo dure, attendo le mosse che di sicuro arriveranno presto da Oltretevere sul terzo valore non negoziabile, dopo vita e famiglia: la libertà di educazione dei figli. A quando la rinuncia unilaterale ai benefici per le scuole cattoliche, magari perché è negata loro la possibilità di dire che Darwin si è inventato tutto?
Update del 5 dicembre. Sono (quasi) un genio: la Conferenza Episcopale Italiana è intervenuta oggi sul terzo valore non negoziabile, ma per minacciare il governo italiano che ha tagliato i fondi (anche) per le scuole cattoliche. Il governo ha già promesso il ripristino dei fondi.
La lotta agli evasori passa dal web
In silenzio, oggi cade un muro: con una decisione inaspettata, l’Agenzia delle Entrate ha messo online le dichiarazioni dei redditi presentate da tutti i cittadini, dal padrone delle ferriere al vicino di casa che magari fa l’artigiano ma si è comprato il Cayenne.
Secondo quanto dichiarato dal direttore dall’Agenzia delle Entrate Massimo Romano e dal viceministro uscente Vincenzo Visco, si tratta di un’iniziativa legittima che adegua la situazione italiana a quella del resto d’Europa, dove misure analoghe hanno fornito uno strumento di contenimento dell’evasione fiscale basato sul mutuo controllo sociale.
In effetti, le modalità sono state piuttosto brutali, ma credo che la scelta di rendere note le imposte vada nella direzione giusta. Le polemiche sono però divampate immediatamente: l’ADOC ha denunciato la violazione della privacy, la fantomatica associazione Popolo della Vita-Corrente dei Valori ha benedetto il voto che ha liberato l’Italia dal “regime della sinistra“. Addirittura Beppe Grillo denuncia che il provvedimento “è stato suggerito dalla ‘ndrangheta, dalla mafia, dalla camorra e dalla sacra corona unita” perché “i rapimenti di persona saranno facilitati, il pizzo potrà essere proporzionato al reddito dichiarato. La criminalità organizzata non dovrà più indagare, presumere“.
In realtà, ammesso che i rapitori scelgano le loro vittime sulla base delle dichiarazioni dei redditi e non del loro stile di vita, presso gli uffici di ogni Comune già da molti anni sono consultabili le dichiarazioni di tutti i residenti, cosicché chi ha interesse a disporre di certi dati può procurarseli senza alcuna difficoltà. Non si capisce bene perciò se le accuse strampalate del comico genovese siano segno del suo populismo (che come è noto fa leva sulla paura) o del fatto che adesso è noto a tutti che nel 2005 ha guadagnato 11.700 euro. Al giorno.
Edit: il Garante della Privacy ha bloccato l’iniziativa in attesa di chiarimenti. Per coerenza, adesso dovrebbe bloccare anche la consultazione degli stessi dati presso gli uffici comunali.
Basta con le raccomandazioni
“Basta con le raccomandazioni”. La scritta fatta a pennello, di un rosso che aveva visto ormai troppe stagioni, dominava la grande parete lungo la scalinata esterna di accesso al liceo Morea. E la notai subito con qualche preoccupazione, il primo giorno del IV ginnasio.
Oggi, pensare a quali ingiustizie si celassero dietro quella protesta anonima – una rimandatura non data, o magari un 6 e mezzo che era diventato 8 a fine anno – fa sorridere. Ma purtroppo la pratica del nominativo segnalato, a scavalcare chi quel posto se l’è sudato, non è roba da ragazzini. Anzi, è uno dei malvezzi tipici d’Italia, segno che la corruzione dei costumi intacca anche la serenità delle persone oneste. Come si può allora criticare un povero padre che, stanco di vedere il figlio “mortificato da più di un anno” a vantaggio di cognomi importanti, si rivolge al responsabile di quella scelta sciagurata minacciandolo al telefono che, se non la smette di mettere da parte il figlio, denuncia tutto ai giornalisti?
Dai, Cesare Previti, siamo tutti con te: tuo figlio deve giocare titolare!
Il coccodrillo e il camaleonte
Di musica – e specialmente di musica lirica – non capisco quasi niente, e quindi mi mancano gli elementi per condividere o contestare quello che scrive Ernesto Assante. Ma se un critico musicale come lui sostiene che come Luciano Pavarotti “non ce n’erano stati prima, neanche Caruso. Chissà se ce ne saranno ancora”, avrà le sue buone ragioni.
Trovo però molto interessante un dato apparso sul quotidiano online di Libero, Affari Italiani, secondo il quale le pagine del loro giornale dedicate al ricordo di Pavarotti sono state viste da 90.000 lettori, mentre quelle per la contemporanea scomparsa dell’imitatore Gigi Sabani, pur lontano ormai da qualche anno dalla grande ribalta televisiva, sono state – contro ogni previsione – oltre quattro volte di più.
Forse è vera l’analisi dell’articolo di Affari Italiani: il giornalismo è cambiato per sempre. E gli italiani pure.
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