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Posts Tagged ‘Mola di Bari’

Puer centum annorum: don Bruno Aloia parroco del Novecento

sabato 2 Maggio 2009 6 commenti

Martedì 5 maggio alle 19.30 presso la chiesa del SS. Rosario a Mola di Bari sarà presentato il volume Puer centum annorum – Don Bruno Aloia parroco del Novecento, edizioni UTE, a cura di A. Giovanna Ungaro.

L’opera si inserisce in un più ampio progetto dell’Università della Terza Età di Mola di Bari finalizzato all’analisi di luoghi, eventi e personaggi che hanno caratterizzato la storia locale. Tramandarne la memoria significa infatti fare storia per ricercare le radici sulle quali è costruita la nostra identità.

don-bruno-aloiaIl volume racconta la vita di don Bruno Aloia (1914-2007), parroco del SS. Rosario dal 1946 al 1983 e a lungo tra i protagonisti della vita pubblica molese. Alla sezione biografica segue l’analisi critica delle sue pubblicazioni e una raccolta di testimonianze da parte di chi ha avuto modo di conoscerlo da vicino e ha raccontato episodi che contribuiscono a delineare la complessa personalità del sacerdote molese e ad inquadrarla nei luoghi e nei tempi in cui ha operato.

Nel ripercorrere la sua vicenda umana è stato infatti possibile ricostruire anche i cambiamenti storico-sociali di Mola e, fra le righe, quelli dell’Italia intera lungo tutto il corso del Novecento: dagli effetti sociali della Grande Guerra, all’avvento della Repubblica, dal collateralismo democristiano al Concilio Vaticano II e al fermento, non privo di contestazioni, che ne seguì.

Con le parole della curatrice del volume, il lavoro «non nasce dalla nostalgia o dal mero desiderio di raccogliere i ricordi individuali. Non nasce neanche solo dalla volontà di permettere alle generazioni che seguiranno di conoscere le sfaccettature della personalità di don Bruno. Suo obiettivo è riconoscere – nei racconti, negli aneddoti, nelle storie di vita e nei modi di dire che in qualche modo sono diventati risorse codificate – la memoria collettiva di tutti i molesi».

La mano che tiene la spranga

domenica 14 settembre 2008 42 commenti

Dopo gli incendi dei campi nomadi e qualche devastazione di troppo ai negozi gestiti da immigrati, l’uccisione a sprangate di uno “sporco negro” compiuta oggi a Milano segna la discesa di un altro gradino verso la constatazione che l’Italia è diventata un Paese dal razzismo latente. Secondo quanto emerge dalle prime indagini, la vittima aveva rubato un pacco di biscotti dal furgone degli assassini, che hanno reagito in modo scomposto al furto accompagnando con ingiurie di tipo xenofobo l’aggressione ai danni del ladro.

Secondo quanto la polizia ha comunicato “il razzismo non c’entra”. Non è tuttavia possibile derubricare questi episodi utilizzando ancora la retorica condanna di “un odioso crimine commesso da qualche imbecille”: l’accresciuta frequenza di eventi di questa natura, via via di gravità crescente, segnala che è il clima del Paese ad essere cambiato (ad essere stato cambiato: il complemento d’agente trovatelo voi). La lettura di alcuni commenti dei lettori nei forum aperti dai giornali online sull’omicidio di Milano non può che confermare l’impressione di una diffusa accondiscendenza verso le manifestazioni xenofobe.

A me per primo ieri sera è capitato di trasecolare di fronte ad una frase carpita occasionalmente da un capannello di persone che erano a poca distanza da me. Mi trovavo in piazza XX settembre a Mola di Bari, nel corso della festa patronale, quando dal palco è stato comunicato il ritrovamento del bambino di cui pochi minuti prima era stato segnalato lo smarrimento tra la folla. Pronta, una signora di circa 45 anni, curata nell’aspetto e dotata di una buona proprietà di linguaggio – piuttosto lontana quindi dal cliché del razzista zotico e ignorante (magari pure con croce celtica al collo) cui a lungo siamo stati indotti a pensare – ha commentato il ritrovamento confidando alle persone che erano accanto a lei che, “avendo notato la presenza di diversi zingari, aveva temuto che potessero essere stati loro a rapire il bambino“.

Dell’aria che tira in Italia parlano anche, a vario titolo: Piovono Rane e Nazione Indiana, Sucardrom e ScarletMilk, Frisbee e Mancio.

Affissioni abusive

martedì 1 aprile 2008 10 commenti

affissioni_abusive

Ma con tutti gli spazi legali che ci sono, è proprio necessario mettere manifesti dove la legge non lo permette? Se non si tratta di un sabotaggio ma di propaganda elettorale autentica allora è vero che la comunità è permeata da una preoccupante acquiescenza di fronte alla violazione delle regole.

La foto risale a stamattina alle 9 sul lungomare di Mola.

Memorie del sottosuolo

martedì 4 dicembre 2007 15 commenti

La proposta circola più o meno osteggiata ormai da qualche anno. Nell’ambito della riprogettazione di piazza XX settembre a Mola è prevista la realizzazione di un parcheggio interrato per qualche decina di posti auto, finalizzato a soddisfare le esigenze dei residenti. Tanto si è scritto e detto sull’utilità, l’estetica, le difficoltà tecniche e le implicazioni economiche dell’operazione. Mi soffermo perciò solo su un aspetto, sollecitatomi da alcuni commenti apparsi qualche giorno fa su un post dedicato all’argomento.

Il territorio di Mola, anche in area urbana, è connotato dalla presenza di lame spesso ormai colmate, non ultima quella che scorreva in corrispondenza di Corso Umberto e che sfociava in mare nella depressione che separava il Castello Angioino dalla città vecchia. E, come per le altre lame alle zone inedificate (piazza Risorgimento, piazza degli Eroi, largo via Regina Margherita, via Settembrini, etc.) corrisponde quasi sempre una cavità sotterranea, è opportuno chiedersi perché la forma di piazza XX settembre è così anomala. In particolare, perché la piazzetta dell’edicola non è mai stata edificata? Perché Palazzo Roberti fu costruito a tale distanza dall’asse viario che conduceva dalla città vecchia verso monte? Soprattutto, come spiegare l’enorme slargo rettangolare corrispondente alla piazzetta di Doña Flor?

piazza02Sappiamo che questa è stata usata per secoli come area di mercato, ma a tale scopo sarebbe stata sufficiente l’area tra Palazzo Roberti e la fontana monumentale. Né motivi di sicurezza possono spiegare i 60 metri che separano le antiche mura della città vecchia, fra il torrione e l’inizio di via Vittorio Veneto, dai primi edifici a monte di via Di Vagno. Evidentemente, al di sotto della piazzetta c’è qualcosa che ha impedito l’edificazione su quell’area.

piazza01.jpgA questo punto acquisiscono un peso diverso le parole che mi furono riferite da uno dei più informati – e purtroppo snobbati – tra i cultori di storia locale, il quale mi raccontò cosa seppe da un vecchio operaio che aveva lavorato alla piantumazione dei pini in piazza: quando essi furono piantati sulla piazzetta (dove ora ci sono le querce), durante gli scavi emersero delle tombe, con le ossa e forse un piccolo corredo di vasellame. Soprattutto, pare che esse non fossero realizzate scavando la roccia o delimitando le sepolture con pietre calcaree, ma usando dei laterizi. Tecnica del tutto inusuale che lascia molti dubbi di datazione.

Un fatto certo è che in passato solo i canonici o i nobili venivano sepolti all’interno delle chiese: tutti gli altri erano inumati in aree ad hoc, all’aperto. Prima che a Mola venisse costruito l’attuale cimitero, all’inizio dell’Ottocento, dove avevano luogo queste sepolture?

Cambio di parroco

martedì 2 ottobre 2007 6 commenti

Questa è una di quelle occasioni in cui si scopre che alle persone ci si affeziona di gran lunga più che alle istituzioni. E dodici anni sono davvero una vita.

Ciao, don Giovanni, e grazie per la tua capacità di ascoltare.