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Archive for the ‘istruzione’ Category

Sicurezza nelle scuole

martedì 25 novembre 2008 14 commenti

– Onorevole Aprea*, l’ascoltatore ci ha ricordato che le norme di sicurezza prevedono che la capienza massima dei locali dipende dal numero  delle porte di accesso. Come risponde all’osservazione che l’incremento del numero di alunni per classe previsto dal decreto Gelmini potrebbe portare ad una violazione di questi limiti  in molti edifici scolastici?

– “Certo lo Stato non può andare contro le leggi che sono ora previste per l’agibilità: se si dovesse decidere di aumentare il numero degli alunni per classe bisognerà rivedere i criteri di agibilità delle classi e dei plessi. Su questo non c’è dubbio”.

(da Radio Anch’io, 25 novembre 2008)

In altri termini, per la rappresentante del PdL le norme di sicurezza sono una variabile dipendente delle scelte governo in materia di risorse per l’istruzione.

* On. Valentina Aprea (PdL), presidente della commissione Cultura della Camera, già sottosegretario all’Istruzione.

Fase 2

mercoledì 29 ottobre 2008 7 commenti

“Chiederemo la regionalizzazione degli insegnanti: avremo insegnanti veneti in Veneto e siciliani in Sicilia, che conoscano le lingue locali”.

Lo ha dichiarato oggi in Senato il capogruppo della Lega Nord Federico Bricolo.

Il suggeritore

giovedì 23 ottobre 2008 13 commenti

In un’intervista pubblicata oggi sul Quotidiano Nazionale, il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga così suggerisce di gestire la protesta della scuola e dell’università in Italia:

«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero Ministro dell’Interno […]. Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano.».
Anche i docenti?
«Sopratutto i docenti».
Presidente, il suo è un paradosso, no?
«Non quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì».

Nota. Il testo dell’intervista è quello apparso sul giornale In molti siti, e per qualche ora anche su questo blog, è stata ripresa la versione originaria tuttora presente qui e diffusa, in modo sintetico, in una nota di agenzia della prima mattina. Secondo quella versione, Cossiga suggeriva di “massacrare senza pietà” i manifestanti, picchiandoli “a sangue“. Probabilmente, rileggendo la bozza dell’intervista prima che venisse pubblicata a stampa, il presidente emerito si è reso conto che i toni erano eccessivi: le emorragie, come è noto, imbrattano l’asfalto.

Lo stato della Polizia

mercoledì 22 ottobre 2008 4 commenti

No, il titolo non si riferisce al fatto che le cariche delle forze dell’ordine sono l’unica risposta che il governo di questo disgraziato Paese offre al disagio di un mondo universitario che si vede ridurre del 93% le risorse per il turnover dei docenti, e che per sovrappiù è scippato della piena disponibilità propri fondi di ricerca e funzionamento ordinario per salvare Alitalia e le banche: su questo blog ho sempre cercato di fare considerazioni originali, senza replicare ciò che è sotto gli occhi di tutti, come mostra l’invito dell’influente Renato Farina, giornalista, parlamentare e confidente dei servizi segreti, a dare “calci nelle parti molli” (leggasi: milza, stomaci e testicoli) ai manifestanti.

Il titolo si riferisce infatti allo stato della polizia nel Casertano, la provincia più martoriata dalla camorra: secondo quanto dichiarato dal segretario provinciale del SIULP (sindacato di Polizia), per effetto dei tagli al personale e ai bilanci delle forze dell’ordine decretati da questo governo tutore dell’ordine e della sicurezza, per garantire quell’ordine e quella sicurezza la questura (che ha competenze su tutta la provincia) dispone ora di una sola volante per turno.

Dietro la crosta della propaganda, non ci si poteva aspettare di più nella lotta alla criminalità da un governo che non invita il sottosegretario Nicola Cosentino a dimettersi dopo che per cinque volte il suo nome emerge nelle indagini come referente politico del clan dei Casalesi.

Pizza indigeribile

martedì 13 Maggio 2008 9 commenti

Uno passa la mattinata a sentire una docente del MIT di Boston spiegare come l’innovazione territoriale passi attraverso la sinergia tra università, imprese e istituzioni pubbliche.

Poi si connette a Internet e scopre che sottosegretario alla Ricerca Scientifica e Tecnologica è stato nominato Giuseppe Pizza.

Se ne parla (male) anche qui.

A scuola secondo la Verità dei Padri

lunedì 25 febbraio 2008 5 commenti

L’incredibile polemica sollevata da Avvenire contro l’Ordine dei Medici rischia di soffocare il dibattito sull’interessante editoriale apparso sabato sul giornale della CEI a firma di Giacomo Samek Lodovici. Il quale, beato lui, non solo non avrebbe timore ma addirittura auspica di vivere in un Paese dove le scuole siano un ghetto.

Secondo l’editorialista, compito dello stato è infatti “garantire la possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc.“, così che ciascuno riceva un’istruzione pienamente conforme alle convinzioni di chi lo ha messo al mondo, senza che venga corrotto dal contatto con coetanei e insegnanti di diversa estrazione culturale.

Ma Samek Lodovici, che è professore di filosofia come papà, non si limita a produrre slogan. Spiega anzi approfonditamente le motivazioni della sua richiesta la cui “posta in gioco – com’è noto – non è la tutela degli interessi dei cattolici“. Com’è noto, infatti, Avvenire tratta l’argomento in favore della scuola islamica di viale Jenner a Milano e non a beneficio del liceo dell’Opus Dei (solo maschile) dove insegna l’autore dell’articolo.

La scuola laica, per definizione, è “quella che presenta tutti i modelli di vita, in modo che lo studente scelga quello che più lo convince“. E tuttavia “un sistema scolastico che riesce ad avvicinarsi ad essere indifferente-neutrale e non propone e non valorizza nessuna cultura e nessun modello di vita, in realtà fa una precisa scelta culturale: quella del relativismo, in cui tutte le opzioni sono sullo stesso piano, e facilmente ingenera nello studente una visione relativista“. Discorso che non farebbe una grinza se solo venisse spiegata la ragione per la quale il pensiero liberale, cattolico, di sinistra sono degni di essere trasmessi e quello basato sulla presentazione della pluralità delle opinioni no.

Forse, come ipotizza Galatea, c’è il rischio che la trasmissione dei princìpi liberali, cattolici o di sinistra dei genitori possa essere bruscamente interrotta dal mero confronto con valori e principi differenti, quasi che ogni forma di scambio sia una pericolosa contaminazione per il fragile impianto concettuale del pensiero unico, quale che sia. Una sorta di autismo gnoseologico elevato a sistema.

E infatti, conclude l’editorialista, “poiché la trasmissione culturale dovrebbe essere trasmissione della verità, la scuola dovrebbe trasmettere principalmente (non esclusivamente) la verità, cioè quelle tesi e quei valori che essa ed i genitori che l’hanno scelta considerano vere“. Il nodo qui non sta tanto nel “non esclusivamente” messo tra parentesi, come ad affermare che un tot di menzogna possa trovare spazio in ore ed ore dedicate alla trasmissione della verità-tutta-intera.

Quello che stupisce è che il buon Samek Lodovici, affermando che la verità risiede in quanto credono i genitori, ha fornito l’affermazione più stupefacentemente relativista che io abbia mai sentito. Francamente, se è vero che gli alberi si riconoscono dai frutti, la chiosa di questo articolo rivela la preoccupante deriva a-dogmatica dell’autore. E così, dopo aver analizzato le piroette del suo virtuosistico argomentare, del relativismo inizio ad avere paura anch’io.

L’ossessione per il denaro

sabato 9 giugno 2007 9 commenti

Paris Hilton, i costi della politica, il gioco d’azzardo. In questi giorni la discussione, sui grandi quotidiani e tra i blogger molesi, sembra avvitarsi attorno al tema della ricchezza: ostentata, carpita, agognata. Ma perché?
Proprio giovedì scorso è apparso su Repubblica un drammatico, meraviglioso articolo dell’ottimo Marco Lodoli, scrittore e professore in un istituto professionale della periferia di Roma, emblema di quella scuola “che traballa sul bordo della città, quella dove i ragazzi ormai fanno fatica anche e leggere e a scrivere e far di conto”. Ma inaspettatamente anche in quelle marginalità, tra quelle pareti scrostate può palesarsi “un’aula di filosofia teoretica” e una Jessica tra tante spiegare perché i soldi sono così decisivi:

«Perché i soldi sono il contrario della realtà. Non è vero che i soldi permettono di avere più fette della torta, questa torta è marcia e nessuno la desidera. Più sei ricco, più puoi rimanere fuori dal mondo. Meglio ancora: puoi abitare in un mondo a parte, tutto fantastico, tutto inventato e invulnerabile». Il contrario della realtà, e cioè? «E’ semplice, le faccio l’esempio della mia famiglia. Mio padre guadagna mille e cento euro al mese. Ne paga seicento di affitto per la casa in cui viviamo, uno schifo di casa. Per andare avanti ha dovuto chiedere prestiti alle finanziarie, alla banca, agli amici. Ora deve lavorare notte e giorno, spezzarsi la schiena per mantenerci, dormire poco e preoccupato. […] Mio padre ha obbedito alla realtà, perché non poteva fare altrimenti, perché è un poveraccio. Ma se avesse potuto sarebbe fuggito anche lui, e un po’ ci prova ancora. La domenica va in chiesa, prega Dio, s’inventa per due ore un cinema marziano e ci si ripara dentro. Oppure guarda la televisione fino a stordirsi, quando può. […] Chi è carico di soldi può fregarsene di tutto. Per questo piacciono tanto a noi ragazzi, non l’ha capito? Perché noi non vogliamo più scendere a patti con le cose reali, vogliamo vivere il più possibile dentro una bella finzione, come quelli che recitano a teatro. Che dovremmo fare, altrimenti? Lottare per cinquanta euro in più, sbatterci nella politica per avere un’altra briciola di pane secco? Per carità. I soldi sono esattamente uguali ai sogni, ma durano di più e portano più lontano. Lo so, noi che abitiamo in periferia, che siamo figli di disgraziati, tanti soldi non ne avremo mai. Però finché ho diciassette anni ci voglio sperare. Voglio augurarmi tutto il bene possibile. E tutto il bene possibile è stare fuori dalla realtà, fuori dallo schifo, dalle guerre, dalla miseria, dalla sconfitta. I soldi sono come Dio e come l’arte, anche meglio. Portano in fretta altrove. E io voglio stare lassù, felice e indifferente».