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La notte di Obama (speriamo)

martedì 4 novembre 2008 11 commenti

Oggi gli Stati Uniti votano il loro presidente, che guiderà il Paese per quattro anni a partire dal prossimo gennaio. Per la successione a George W. Bush, che il premio Nobel Paul Samuelson definito “il peggior presidente americano degli ultimi 200 anni”, si fronteggiano il democratico Barack Obama e il repubblicano John McCain.

Quest’ultimo, un anziano WASP veterano di guerra, pur incarnando il profilo più tradizionale degli Stati Uniti, non è tuttavia figlio della destra religiosa che fu spina dorsale degli elettori del predecessore. Nonostante i tentativi di accreditarsi di una linea politica differente da quella di Bush, la sua incerta campagna elettorale non ha segnato una cesura sufficientemente netta dalla politica di costui. Ha scelto come vice Sarah Palin, probabilmente l’unica persona in grado di far rimpiangere Bush figlio.

Il favorito delle elezioni è perciò Barack Obama, figlio della Nuova America, giovane e carismatico candidato in grado di presentarsi come interprete di un Paese più aperto e più solidale, con più fiducia nel futuro. Molto del favore con il quale la stampa estera lo vede deriva dal sovvertimento dei luoghi comuni assicurato da “un nero alla Casa Bianca”, anche se in patria la questione razziale, accanto alla sua supposta inesperienza, può rappresentare soprattutto una debolezza. Il notevole carisma personale lo ha accreditato come interprete di un nuovo sogno americano (non a caso il suo slogan è stato change: we can believe in). Il mondo può solo augurarsi che la simpatia e la fiducia si rivelino ben riposte alla prova dei fatti.

Obama affonda Hillary

venerdì 4 gennaio 2008 13 commenti

I sondaggi non sempre sbagliano. Come i recenti pronostici anticipavano, i caucus dell’Iowa hanno premiato tra i candidati democratici Barack Obama che con il 37,6% dei delegati conquistati ha distanziato di molti punti Hillary Clinton (29,5%), arrivata addirittura terza dopo l’ex vice di Kerry nella scorsa tornata, John Edwards (29,7%).

In campo repubblicano, con il 34,3% l’ex governatore dell’Arkansas Mike Huckabee è prevalso nettamente sul mormone Mitt Romney (25,3%), nonostante l’enorme sforzo di propaganda di quest’ultimo. Solo al 3,5% l’italo-americano Rudy Giuliani, che, considerata la modesta importanza dello stato, ha preferito a non fare campagna elettorale concentrandosi sugli stati di maggiore peso. Una percentuale così bassa è indice di debolezza? Può darsi: il veterano McCain e l’attore Fred Thompson, pur rinunciando a investire tempo e fondi in Iowa, hanno raccolto il 13% ciascuno.

Staremo a vedere gli sviluppi nelle prossime settimane. Per il momento apprezziamo un Paese dove, con tutti i limiti legati al reperimento di fondi che di fatto esclude chi non ha le amicizie giuste, le primarie servono davvero a scegliere i candidati.