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Archive for the ‘economia’ Category

Down to the Hell

domenica 13 giugno 2010 Commenti disabilitati

“Qvesto govevno non lascevà nessuno indietvo”, dichiarava poche settimane fa il ministro Tremonti.

E infatti apprendiamo che la manovra correttiva appena approvata negherà in futuro gli 8,41 euro al giorno sinora riconosciuti come assegno di invalidità ai portatori di sindrome di Down. Riconosciuti, beninteso, solo se il reddito giornaliero dei disabili non supera i 12 euro.

Se questa trovata fosse estesa ai circa 38.000 portatori italiani di sindrome di Down si risparmierebbero circa 100 milioni di euro all’anno. In realtà saranno molti meno perché la norma si applicherà solo quelli che chiederanno l’assegno d’ora in poi, sempre che non abbiano già un reddito (cosa che già oggi li esclude dai benefici) o non siano affetti da altre patologie (così da raggiungere l’85% di invalidità che sarà necessario per percepire l’assegno).

Il costo dei 131 cacciabombardieri F35, dei 121 caccia Eurofighter, dei 2 sommergibili e del centinaio di elicotteri militari che in questi giorni il Ministero della Difesa ha confermato che saranno ordinati ammonta a 27 miliardi di euro.

P.S.: non mi pare che dalla Chiesa cattolica – quella che difende “la vita nascente” e reputa omicida chiunque ricorra all’aborto terapeutico – sia giunta alcuna parola a sostegno delle famiglie dei disabili.

Rocco Palese e il nucleare: chiaro e “inequinocabile”

mercoledì 10 febbraio 2010 4 commenti

Politiche energetiche e centrale nucleare in Puglia: dopo che il governo ha fatto ricorso contro la legge regionale che chiude la porta all’atomo, non si è fatta attendere la videolettera del governatore Nichi Vendola.

Quali invece le opinioni del candidato Rocco Palese?

In questa pagina si trova la fedele trascrizione delle parole del candidato di centrodestra (uno dei due: l’altra è Adriana Poli Bortone, oggi senatrice eletta col Popolo delle Libertà).

Per chi vuole accontentarsi di una sintesi delle frasi di Palese, ecco una delle più eloquenti: «Trovo cioè veramente fuori luogo questa, cioè, infetizzazione, o l’enfatizzazione cioè che se ne fa. Piuttosto invece penso anche qui alle denunce che gli stessi esponenti di centrosinistra fanno per un utilizzo selvaggio rispetto alle autorizzazioni per un utilizzo selvaggio rispetto alla rovina di certi paesaggi, cioè per tante e tante cose che si dicono». Ho visto e rivisto il breve video, ma ammetto di non averla capita.

Comprendo che un candidato alla guida di una Regione negli anni del federalismo fiscale possa avere difficoltà ad esprimersi efficacemente – e non solo in inglese – ma se Palese è contrario all’energia radioattiva cosa gli ha impedito di dirlo con una frase più semplice?

Galbraith aveva torto. Forse

martedì 30 settembre 2008 5 commenti

Il celebre economista John K. Galbraith sosteneva che “in America l’unico socialismo ammesso è quello in favore dei ricchi”, rilettura del vecchio adagio di Wall Street secondo cui “nessuno è ateo in punto di morte, e nessuno è liberista durante una tempesta finanziaria”. In effetti, la lettura del piano di salvataggio dell’economia USA elaborato dal Segretario al Tesoro dell’amministrazione Bush, quel Henry Paulson che fino ad avantieri era l’amministratore delegato di Goldman Sachs, lasciava intendere il piano fosse poco più che un paracadute in favore degli investitori finanziari poco accorti, rimasti vittime dell’avventurismo finanziario che essi stessi hanno contribuito a inventare.

L’acquisto da parte del governo federale degli Stati Uniti dei titoli-spazzatura il cui crollo aveva determinato – e sta tuttora determinando – il dissesto delle maggiori banche d’affari americane e di alcuni altri grandi player finanziari di livello mondiale, se da un lato avrebbe dato ossigeno ai bilanci delle banche attraverso un’anomala capitalizzazione a fondo perduto, d’altro canto costituiva un modo per creare con denaro pubblico (700 miliardi di dollari, ossia quanto l’intera guerra in Iraq) un sussidio in favore di investitori borderline, di chi cioè decide di correre grossi rischi con la speranza – in genere fondata – di trattenere gli utili, quando ci sono. Un vero e proprio doping del capitalismo, se accompagnato dall’assenza di misure e strumenti di regolamentazione in grado di ostacolare il ripetersi di simili contingenze. Come riportato da Federico Rampini, un appello pubblico elaborato da un gruppo di economisti americani ha bocciato senza attenuanti l’iniziativa del governo federale affermando che “indebolire le fondamenta stesse del mercato per placare dei dissesti nel breve termine è un’operazione disperata e miope”, in grado di minare i meccanismi su cui si basa la “distruzione creatrice” che secondo Schumpeter è alla base dei processi capitalistici. (Una panoramica piuttosto completa delle diverse posizioni espresse è comunque disponibile qui, e dà idea che gli entusiasti sono davvero pochi.)

E’ un bene, quindi che il pessimo piano Paulson sia stato affondato dal Congresso? Il panico a Wall Street, che oggi ha registrato un crollo del 7%, il più alto di sempre in un solo giorno, non mi sembra un indizio significativo, se è vero che i rischi di moral hazard insiti nel piano avrebbero favorito proprio gli investitori a breve termine che nelle Borse la fanno da padroni. E tuttavia prevedo che la bocciatura del piano, che era  stato forzatamente lanciato come un “prendere-o-lasciare” basato su motivazioni di emergenza che molti analisti reputano solo in parte vere, in capo a qualche giorno sarà superata da una sua approvazione, con correttivi minimi e insufficienti, proprio perché oggi quella condizione di emergenza si è avverata  con il  deludere le aspettative degli ambienti finanziari più esposti. La tempesta perfetta, insomma. Con buona pace delle parole d’ordine dei fautori del liberismo.

Buio Fitto

giovedì 4 settembre 2008 15 commenti

Dell’ex enfant prodige della politica pugliese, quel Raffaele Fitto che a 20 anni fu fu eletto consigliere regionale e a 31 presidente della Regione Puglia come papà, e che oggi è ministro per gli Affari Regionali, pochi mesi fa scrissise il federalismo fiscale verrà attuato, le sue fortune politiche in Puglia saranno compromesse“. In effetti, quel giudizio nascondeva anche la consapevolezza che la presenza in Consiglio dei Ministri dell’ex governatore potesse essere per lui l’occasione per accreditarsi come tutore degli interessi meridionali, e pugliesi in particolare, dalle ambizioni padanocentriche della Lega Nord. La delega agli Affari Regionali sembrava in questo senso la collocazione più opportuna per arginare il vento del Nord che i risultati delle elezioni avevano reso tumultuoso.

Non è stato così: dal politico di Maglie non ci si poteva certo aspettare l’autorevolezza, la capacità di mediazione o la visione strategica del suo più noto concittadino, ma in queste settimane si assiste ad una sua desolante prova di afonia di fronte alle molte decisioni del governo che toccano gli interessi della regione d’origine.

La prima è stata la comunicazione che né l’aeroporto di Bari, né quello di Brindisi sarebbero rientrati tra le “basi” della nuova Compagnia Aerea Italiana che prenderebbe il posto di Alitalia ed AirOne, con il probabile effetto della soppressione dei voli per Bologna, Genova, Torino, Venezia e Milano Linate, per parlare solo dello scalo di Palese, oltre alla gestione in regime monopolistico di quelli per Fiumicino e Malpensa. Si aggiunga a questo l’altrettanto probabile sospensione delle corse ferroviarie tra la Puglia e Torino e il declassamento ad Intercity (con conseguente aumento dei tempi di percorrenza) di tutti i treni per Roma e Milano. Non è finita: si apprende anche che il governo Berlusconi, per mezzo del CIPE, ha revocato il finanziamento della ferrovia ad alta capacità Napoli-Bari, condannando il tacco d’Italia ad un ulteriore isolamento e ostacolandone di fatto lo sviluppo economico e turistico.

Dalle pieghe dell’azione di questo “governo del fare” emerge inattesa un’ultima novità, di diretta competenza del dicastero per gli Affari Regionali eppure misteriosamente affidata all’ingegno creativo del ministro per la Semplificazione Normativa Calderoli: secondo la bozza del disegno di legge sul federalismo fiscale presentata oggi dal ministro leghista, per l’istituzione delle città metropolitane già previste dalla riforma costituzionale del 2001 sarà necessario che non l’area stessa, ma il suo capoluogo soddisfi dei requisiti minimi di popolazione. Requisiti che il disegno di legge governativo fissa misteriosamente in 350.000 abitanti. Un numero magico, forse? Non si sa, si sa solo che grazie a questa decisione, di sicuro avallata in Consiglio dei Ministri anche dal giovane ministro pugliese, dalle città metropolitane resta esclusa a sorpresa proprio Bari, che con quasi 350.000 residenti nel capoluogo e un milione nella città metropolitana non soddisfa i requisiti per qualche migliaio di abitanti e non avrà pertanto accesso ai finanziamenti previsti.

Averlo scoperto proprio il giorno in cui a tutte le famiglie baresi è distribuita la rivista sul piano strategico della Metropoli Terra di Bari non può che accrescere la consapevolezza che questo governo sta emarginando il Sud con il colpevole beneplacito dei suoi rappresentanti.

Ahil’Italia

mercoledì 30 luglio 2008 6 commenti

Dopo la Commissione Europea, il Vaticano, l’Unicef e l’ONU, anche il Consiglio d’Europa ha stigmatizzato il rischio xenofobo e di violazione dei diritti umani che le recenti misure in tema di immigrazione alimentano in Italia. Il Ministro dell’Interno, tuttavia, ha respinto stizzito e indignato queste accuse tanto da indurre Il Manifesto a titolare, inevitabilmente: “La rottura di Maroni”.

Ma al di là dell’accusa di violare la dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo e simili dettagli, queste restano giornate radiose per l’orgoglio italico. Pare infatti pronta la cordata, promessa invero già a marzo, che salverà l’Alitalia dal fallimento: ne faranno parte Carlo Toto della moribonda AirOne (che né per la flotta né per i conti è molto più in salute della compagnia di bandiera), nessun partner industriale estero, la più spregiudicata finanza nazionale con quel che ne consegue (Riva, Ligresti, Benetton, Colaninno, Marcegaglia). Il piano industriale ufficialmente non è noto, ma secondo le indiscrezioni i pilastri sono il mantenimento del doppio hub (una soluzione che nessuna compagnia europea ritiene sostenibile), la riduzione del personale del 25%, la creazione di una bad company che si accolli le aree in perdita continuando ad orbitare in area pubblica e di una new company, profittevole ed interamente privata, destinata ad un ruolo di operatore regionale.

Nel frattempo, anche Iberia e British Airways vanno verso la fusione, proponendosi per la leadership del mercato accanto ai gruppi AirFrance-KLM e Lufthansa-Continental-United Airlines. Ma l’Italia, si sa, è un Paese unico al mondo.

In alto: “La cordata“, di Francesco Dotti.

Pizza indigeribile

martedì 13 Maggio 2008 9 commenti

Uno passa la mattinata a sentire una docente del MIT di Boston spiegare come l’innovazione territoriale passi attraverso la sinergia tra università, imprese e istituzioni pubbliche.

Poi si connette a Internet e scopre che sottosegretario alla Ricerca Scientifica e Tecnologica è stato nominato Giuseppe Pizza.

Se ne parla (male) anche qui.

La lotta agli evasori passa dal web

mercoledì 30 aprile 2008 23 commenti

In silenzio, oggi cade un muro: con una decisione inaspettata, l’Agenzia delle Entrate ha messo online le dichiarazioni dei redditi presentate da tutti i cittadini, dal padrone delle ferriere al vicino di casa che magari fa l’artigiano ma si è comprato il Cayenne.

Secondo quanto dichiarato dal direttore dall’Agenzia delle Entrate Massimo Romano e dal viceministro uscente Vincenzo Visco, si tratta di un’iniziativa legittima che adegua la situazione italiana a quella del resto d’Europa, dove misure analoghe hanno fornito uno strumento di contenimento dell’evasione fiscale basato sul mutuo controllo sociale.

In effetti, le modalità sono state piuttosto brutali, ma credo che la scelta di rendere note le imposte vada nella direzione giusta. Le polemiche sono però divampate immediatamente: l’ADOC ha denunciato la violazione della privacy, la fantomatica associazione Popolo della Vita-Corrente dei Valori ha benedetto il voto che ha liberato l’Italia dal “regime della sinistra“. Addirittura Beppe Grillo denuncia che il provvedimento “è stato suggerito dalla ‘ndrangheta, dalla mafia, dalla camorra e dalla sacra corona unita” perché “i rapimenti di persona saranno facilitati, il pizzo potrà essere proporzionato al reddito dichiarato. La criminalità organizzata non dovrà più indagare, presumere“.

In realtà, ammesso che i rapitori scelgano le loro vittime sulla base delle dichiarazioni dei redditi e non del loro stile di vita, presso gli uffici di ogni Comune già da molti anni sono consultabili le dichiarazioni di tutti i residenti, cosicché chi ha interesse a disporre di certi dati può procurarseli senza alcuna difficoltà. Non si capisce bene perciò se le accuse strampalate del comico genovese siano segno del suo populismo (che come è noto fa leva sulla paura) o del fatto che adesso è noto a tutti che nel 2005 ha guadagnato 11.700 euro. Al giorno.

Edit: il Garante della Privacy ha bloccato l’iniziativa in attesa di chiarimenti. Per coerenza, adesso dovrebbe bloccare anche la consultazione degli stessi dati presso gli uffici comunali.

Il bollo auto e gli ultimi fuochi

sabato 12 aprile 2008 6 commenti

Ieri, nell’ultima apparizione televisiva prima del silenzio elettorale, il principale esponente etc. etc. ha lanciato il consueto colpo d’artificio che da 15 anni conclude le sue campagne elettorali: ma stavolta non la promessa di portare l’IRPEF al 30% o il Contratto con gli Italiani, e nemmeno l’abolizione dell’ICI come due anni fa. Contando sul fatto che gli italiani sono un popolo di automobilisti stavolta ha promesso nientepopodimeno che il taglio del bollo auto.

Sì, quella tassa fastidiosa che mediamente costa 13 euro al mese.

Di più: la riduzione sarà “graduale” e per giunta “a partire dal terzo anno” di mandato, “sempre che lo stato dei conti lo permetta“. Insomma, a detta di tutti il fuoco d’artificio stavolta è praticamente un petardo bagnato e non escludo che l’elettorato meno politicizzato che contava sulla promessa al fotofinish per lasciarsi convincere a votare per lui possa sentirsi preso in giro da una concessione così modesta, soprattutto visto che la gestione di un’auto è onerosa soprattutto per la RC auto e i carburanti, su quali sono stati invece i governi di centrosinistra a intervenire, iniziando ad accrescere la trasparenza del settore assicurativo e riducendo per due volte le accise.

Per finire, c’è un aspetto su cui nessuno mi sembra abbia fatto attenzione: dal 1999 il bollo auto è una tassa regionale e non viene quindi pagata allo Stato. Non so se l’anziano leader del centrodestra abbia voluto prendere in giro gli italiani, o se si sia trattata di un’affermazione fatta per ignoranza o smemoratezza. Sono certo però che i propugnatori del federalismo fiscale, che sta nei programmi del Popolo delle Libertà, non faranno mancare la loro protesta di fronte al rischio di un ennesimo scippo di Roma ladrona.

DePILiamoci

giovedì 20 marzo 2008 33 commenti

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del Paese sulla base del prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Robert Kennedy, 18 marzo 1968 (da Report del 16 marzo)

Il titolo del post è anche quello del volumetto di Roberto Lorusso e Nello De Padova che descrive un modello di sviluppo basato sul benessere interno lordo anziché sul PIL e, attraverso questa mappa causale basata sulla system dynamics, si propone di “mettere in discussione la mentalità che definisce ed organizza la nostra società, di immaginare, individuare e realizzare alternative allo sviluppo fine a se stesso“, in una parola di liberarsi del PIL superfluo.

Un fisco a misura di famiglia (ricca)

martedì 4 marzo 2008 11 commenti

Uno dei temi caldi del dibattito politico, oggetto della petizione di PiùFamiglia e fatto proprio dal Popolo delle Libertà, è quello della riforma del sistema fiscale con l’introduzione del quoziente familiare. Secondo questo criterio, le imposte andrebbero calcolate in base ai redditi complessivi delle famiglie, divisi per un coefficiente che cresce al crescere del numero di componenti.

L’attuale sistema di imposizione fiscale, invece, tassa i redditi individuali e non quelli familiari. Per questa ragione, a parità di reddito complessivo in teoria una famiglia numerosa paga le stesse imposte di un single e, a causa del principio costituzionale della progressività, una famiglia monoreddito paga più di una famiglia a doppio reddito. In realtà, il meccanismo è fortemente attenuato dalla presenza di deduzioni per familiari a carico, ma secondo i promotori del quoziente familiare anche questo correttivo non tutela sufficientemente i principi di equità orizzontale (stesse imposte a parità di reddito) e verticale (imposte crescenti per redditi più alti).

Cosa accadrebbe con l’introduzione del quoziente familiare? L’interessante studio condotto dall’ISAE e presentato nel 2004 alla Commissione Finanze del Senato, chiarisce i termini della questione. Il documento – di una quindicina di pagine – non può essere riassunto qui. Tuttavia le conclusioni sono chiare (e coerenti con quelle di altri studi): rispetto al sistema vigente delle deduzioni, un meccanismo siffatto penalizzerebbe le famiglie numerose a reddito basso e medio assicurando vantaggi a quelle ad alto reddito, disincentiverebbe il lavoro femminile, avrebbe costi elevati per la fiscalità generale che si tradurrebbero nella necessità di ridurre i servizi pubblici, anche quelli in favore delle famiglie.

Significa, ad esempio, che si avrebbero meno asili-nido per le famiglie con entrambi i genitori che lavorano, meno assistenza sanitaria per gli anziani soli (svantaggiati in quanto famiglie mono-componente), meno ammortizzatori sociali per i disoccupati. Sono questi i risultati che i promotori del quoziente familiare vorrebbero conseguire?

A volte, la via del governo è lastricata delle peggiori intenzioni.